Ci ho decisamente messo più del previsto, ma tra mancanza di tempo, di silenzio per scrivere al meglio i miei pensieri e distrazioni varie non sono riuscita a pubblicare prima questa recensione. Oggi poi con il cattivo tempo la connessione non va benissimo e ci si mette anche questo sito a non funzionare al meglio! Eppur si sa, Marta non molla, anche se tutto il mondo le rema contro e così... voglio parlarvi di un libro che mi ha tenuta incollata alle pagine, di un libro che merita assolutamente di essere letto. Originale, ben scritto. L'esordio di una giovane autrice australiana e il suo omaggio all'Islanda, ma anche un modo per dar voce a una donna a cui è stato impedito di vivere.
Ringrazio di cuore la Piemme per avermi permesso di leggerlo!

Editore: Piemme
Pagine: 350
Prezzo: 18,50 euro
Consigliato... sì, lo consiglio a tutti. Il romanzo prende spunto da una storia vera, quella di Agnes, ultima condannata a morte in Islanda. Ma non affronta solo il caso, l'autrice scava in profondità, facendoci conoscere meglio i sentimenti e l'anima della protagonista, riconoscendole il diritto di essere ricordata. Un personaggio forte, ma allo stesso tempo sfortunato. E poi c'è l'Islanda, una terra misteriosa, magica e fredda, sullo sfondo. Una terra tutta da scoprire.
Un ottimo romanzo d'esordio! Assolutamente consigliato.
Trama
Recensione
Dicono ch’io debbo morire. Dicono che ho sottratto il respiro agli uomini, e che adesso debbo subire la stessa sorte. E allora immagino che siamo tutti come fiammelle di candele accese, scintillanti, tremule nell’oscurità, e poi immagino l’ululato del vento, e nel silenzio della stanza sento dei passi, passi che si avvicinano minacciosi, che vengono a soffiare su di me e a ridurre la mia vita a un refolo di fumo grigio. Mi dissolverò nell’aria e nella notte. Ci spegneranno tutti, uno a uno, finché non rimarrà altro che la loro luce, e solo quella vedranno. E dove sarò, allora?

"Ho lasciato entrare la tempesta" è sicuramente uno di questi. Un ottimo romanzo di esordio, di un'autrice molto giovane che ha scelto di mettere in luce la storia di Agnes Magnúsdóttir, ultima condannata a morte in Islanda alla fine dell'800. La vicenda è, quindi, reale sebbene, ci abbia romanzato un poco.
Ho sempre avuto un debole per la storia e le streghe o presunte tali, e quindi non posso negare che questo libro aveva molti punti validi per piacermi. Storie di donne diverse, accusate ingiustamente per crimini non commessi, o per l'unica "colpa" di essere colte, di avere conoscenze di erbe, di non abbassare troppo facilmente la testa di fronte alla tirannia e al potere degli uomini.
Ecco, trovo che Agnes sia proprio una di loro.
Hannah Kent, l'autrice, ha trovato l'ispirazione durante un periodo di studio in Islanda, terra fredda e ostile, quanto affascinante e magica. Ha voluto così narrare la storia di Agnes ma fare un omaggio anche a questi luoghi e alle persone che ha conosciuto.
Attraverso un alternarsi di punti di vista e di documenti storici, noi conosciamo gradualmente la vita di questa donna tanto forte quanto sfortunata, il cui unico "crimine" è stato l'aver amato tanto l'uomo sbagliato.
Detta così può apparire molto semplice, ma vi assicuro che pur conoscendo da subito il finale, l'autrice riesce a mantenere costante la curiosità e a scandagliare a piccole dosi l'animo umano. In modo particolare quello di Agnes, colonna portante del libro, personaggio per il quale non si può non provare affetto ed essere colti da un senso di disperazione e ingiustizia per la sua sorte ormai segnata.
Quella di Agnes non è una vita facile. Dopo essere stata abbandonata da sua madre in tenera età, ha dovuto affrontare molti ostacoli che hanno formato il suo carattere. Sin da bambina Agnes ha visto in faccia la morte, le privazioni, il freddo, la fame e la paura, ma, pur essendo solo una serva, viene istruita e impara a leggere e a scrivere, in un mondo e un'epoca in cui l'analfabetismo era piuttosto alto. Inoltre, apprende la conoscenza delle erbe.
Agnes trova anche l'amore. Un amore che però finirà per essere la causa stessa della sua rovina. Un amore per lei sincero, forte, e unico... ma non concretamente ricambiato.
È accusata ingiustamente di aver partecipato all'assassinio di due uomini e aver bruciato la loro casa, e condannata così a morte per decapitazione. Agnes deve essere mostrata a tutti come un simbolo, come un modo per educare il popolo. Nonostante la sua innocenza.
Nel periodo conclusivo del processo, però, come era solito fare in Islanda all'epoca, è inviata in un villaggio sotto sorveglianza di una famiglia e sostenuta spiritualmente, come da lei richiesto, dal giovane reverendo Toti. Quest'ultimo è molto inesperto e inizialmente proverà un grande turbamento, ma poi la lascerà parlare, sfogare, in modo da comprendere la sua storia, da sondare il suo animo, fino ad arrivare al modo in cui è stato commesso quel terribile omicidio.
Anche la famiglia a cui è stata affidata la vedrà con ostilità, disprezzo e paura, ma Agnes riuscirà a conquistare i loro cuori. Con la sua umiltà, la sua forza e determinazione, e il suo modo di essere totalmente sincera nell'esprimere la sua vita... senza destare troppa pena, raccontandola così come è.
E ciò che emerge è una donna che ha lottato e perso molto. Una donna alla quale la vita non ha dato molte gioie. Una donna che ha amato ed è stata condannata.
Come sostiene l'autrice stessa, alla fine del libro, è anche una sorta di omaggio all'Islanda, terra forse sconosciuta e fredda, ma capace anche di donare tanto. E questa terra spicca tra le pagine. Con il suo clima rigido, e le sue superstizioni. Elementi che forgiano anche gli individui che la popolano. Tramite delle descrizioni, a mio avviso, perfette in ogni particolare, anche quello più crudo e freddo, l'autrice ci trasporta in quella landa lontana e a volte si ha come l'impressione di avvertire il freddo provato dai personaggi stessi.
È l'opinione degli altri che determina chi sei.

Agnes è condannata per il suo essere troppo intelligente, troppo furba. E la gente non ha compassione per persone simili. È troppo sveglia, troppo scaltra per essere stata coinvolta ingenuamente da un altro uomo, quel Fridrik che morirà con lei. E in questo si legge ancora la paura dell'uomo di fronte a una donna che sa alzare la testa, che sa ragionare con il suo cervello, che sa andare avanti con le sue forze. Un elemento che la lega ad altre donne che in passato sono morte proprio per motivi simili.
Però ci sono altri personaggi che mi sono rimasti particolarmente impressi. Da un lato il giovane reverendo Toti e dall'altro Margret.
Il primo, come già detto, è molto giovane per il ruolo che gli è stato impartito. Toti non sa come muoversi, non sa come salvare l'anima della condannata. Dovrebbe non lasciarla parlare, ma limitarsi a farla pregare, a invocare quel Dio che presto raggiungerà. Ma Toti dimostra di voler andare oltre. Un reverendo diverso dagli altri. Un uomo che ci mette realmente il cuore. La lascerà parlare, ascolterà le sue parole e capirà che in fondo quella donna non ha colpe.
Margret è un'altra donna molto forte. Nel momento in cui le verrà consegnata la condannata nella sua casa, non la prenderà affatto bene. Margret ha due figlie di cui prendersi cura, per cui nutre la paura di perderle. Non si farà troppi scrupoli, inizialmente. Se Agnes deve stare lì, deve anche lavorare. Due braccia in più, nel lavoro della terra, fanno sempre comodo. Eppure, pian piano, mentre le settimane trascorrono, qualcosa cambia in lei. Deciderà di ascoltarla. Di restare in silenzio e lasciarsi contagiare dalle sue parole. Ed è proprio per questo che sento una profonda empatia con i sentimenti dei vari personaggi. Perché lentamente apprendiamo ogni dettaglio della vita di Agnes e ci è impossibile rimanere indifferenti.
Ovviamente ci sono molti altri personaggi che, anche se non hanno un ruolo importante, sono chiaramente definiti, anche se per alcuni forse mi aspettavo dei dettagli in più.
Ho apprezzato tantissimo lo stile. Coinvolge totalmente. Davvero. Personalmente quando la storia è entrata nel vivo, sono rimasta incollata alle pagine, non riuscendo mai a smettere. Avrei voluto sapere di più e, anche se il finale è comprensibile sin da l'inizio - per cui non vi lascio spoiler - speri fino all'ultimo istante di leggerne uno diverso. Di scoprire un'altra sorte per la protagonista.
Le descrizioni, spesso dure e crude, mi hanno convinta. Permettono di immaginare ancor meglio non solo i posti, ma anche i pensieri e il modo di fare dell'epoca, ma anche qualcosa di più sull'Islanda.
Insomma, un ottimo romanzo d'esordio che consiglio a tutti voi. Leggetelo, perché realmente lo merita.
Vi lascio alcune frasi che mi sono piaciute!
« [...] le dirò una cosa, reverendo Tòti. La gente mi giudica da sempre troppo intelligente. Troppo furba, dicono. E sa cosa, reverendo? È esattamente per questo che non hanno compassione. Perché mi reputano troppo sveglia, troppo scaltra per restare impelagata in questa storia. Sigga è tonta, bella e giovane, ed è per questo che non vogliono vederla morire. »
« [...] Ti perderai. Non ci sarà un'ultima dimora, non ci sarà un funerale, ci sarà solo una dispersione costante, un viaggio trasversale che ti porterà ovunque tranne che a casa, perché non esiste una casa, esiste solo un'isola fredda e la tua oscura essenza sparsa finemente su di essa, finché non farai tuo l'ululato del vento e imiterai la sua solitudine, non è verso casa che sei diretta, il silenzio ti reclamerà, risucchierà la vita nelle sue acque nere e produrrà stelle che potrebbero ricordarti, ma che non lo faranno, non lo diranno, e se nessuno pronuncerà il tuo nome sarai dimenticata, sarò dimenticata. »
Autrice
