Buon pomeriggio, miei cari lettori.
Sono tornata, penso di avercela fatta a trovare un po' di tempo per aggiornare il mio piccolo blog. Avrei tanto da scrivere e sinceramente non sapevo da dove iniziare. Voglio, però, ripartire da ciò che avevo lasciato da parte durante queste vacanze e poi cercherò di proseguire con recensioni, segnalazioni, rubriche e tutto ciò che riuscirò a inserire nel mio - poco - tempo libero.
Prima di iniziare volevo ringraziarvi di cuore, perché in questi ultimi giorni la mia pagina facebook è cresciuta tantissimo e mi fa davvero tanto piacere. Spero che questo spazio possa piacervi. Ribadisco ancora una volta, per i nuovi arrivati e per chi non mi segue con la dovuta attenzione, che sono un'unica persona a gestire questo blog. Pertanto non potrà essere costantemente aggiornato, e per forza di cose sono stata costretta a bloccare le richieste di recensioni.
Come si evince dal titolo del post, oggi vorrei parlare con voi delle emozioni scaturite da una lettura che ho concluso il mese scorso. Non avevo mai letto nulla di Cechov, e non credo di essere la persona più capace per affrontare una vera e propria recensione dei suoi lavori, perché sicuramente vanno studiati e compresi, ma voglio lasciarvi i miei pensieri e consigliarvi sicuramente queste tre opere che ho letto.
Parlare di opere teatrali non è mai semplice. Proprio per questo motivo non ho voluto vederla come una recensione, ma come una sorta di chiacchierata su ciò che Anton Cechov mi ha trasmesso con le sue opere.
Come mi sono avvicinata a questo autore? Grazie, appunto, al teatro. Conosco un Artista molto giovane, ma già di gran talento, che quest'anno ha portato in scena prima a Napoli e poi a Roma, un'opera di Cechov: Il Gabbiano, modificando il titolo in Un Gabbiano. Sto parlando di Gianluca Merolli e, come conclusione, vi mostrerò la locandina e alcune foto. Sfortuna vuole che io non abbia avuto l'occasione di vederlo, ancora, anche se spero che lo riporteranno presto in scena, magari più vicino a me. Le solo immagini, con l'aggiunta ora del testo letto, mi hanno spinta a voler vivere di nuove emozioni che solo il teatro e i libri sanno veramente darmi.
Curiosa come sono, ho deciso di procurarmi l'opera, ma in biblioteca avevano un libro che ne raccoglieva tre: Il Gabbiano, Le tre sorelle, e Il giardino dei Ciliegi e leggendola ho compreso anche il motivo. Sono tre storie diverse che però presentano molti temi in comune. Sicuramente iniziando dai personaggi, creature sole, che sembrano incapaci di comunicare tra loro; che si illudono di poter realizzare sogni e trovare amore, che si nutrono di ideali che vengono infranti. Quando tutto ciò crolla, vedono un'unica soluzione nella morte o in un'esistenza vuota, vana, e anche piuttosto triste.
Non so se le mie parole e le mie interpretazioni sono giuste. Non conosco Cechov, non l'ho mai analizzato o studiato, quindi mi baso meramente sulle sensazioni che mi ha lasciato la lettura.
Una di queste è sicuramente un profondo senso di tristezza. Mi sembra quasi di vedere ogni storia come ammantata da toni grigi e scuri, con qualche fievole e illusorio sprazzo di luce.
I personaggi vogliono realizzare sogni, scrivere, comunicare nuove forme teatrali, diventare attori, o semplicemente lasciare la triste provincia per la grande città, ma non ci riescono. Spesso non sanno prendere decisioni e con lo scorrere del tempo perdono un pezzo del loro cuore e del loro passato.
Sono storie che mi hanno lasciata con il cuore un po' in subbuglio. Spaesata. Triste anche. Eppure, per molti versi ne sono rimasta profondamente toccata, per il sentirmi così legata ad alcuni di loro...
L'opera che ho più apprezzato è proprio quella che avrei voluto leggere: Il Gabbiano. Ho provato molta empatia con diversi personaggi, in particolare, Konstantin, Maša e Nina.
Maša ama ma non è ricambiata, eppure non sa eliminare dal cuore l'oggetto del suo amore. Vorrebbe estirparlo dal petto, allontanarsi, dimenticare, eppure torna sempre a lui. Anche quando la sua vita ha scelto una strada diversa, un matrimonio e un bambino la dovrebbero portare altrove con i pensieri e gli affetti, Masa non smette davvero di amare Konstantin, ma da lui non sarà mai ricambiata.
L'amore senza speranza... roba da romanzi, sciocchezze! Non bisogna abbattersi e restar lì con le mani in mano ad aspettare... Una volta che l'amore s'è ficcato nel cuore, bisogna cacciarlo fuori. Hanno promesso a mio marito di trasferirlo in un'altra provincia: quando saremo là, dimenticherò tutto... Mi strapperò tutto dal cuore, fino alle radici!
Nina è ingenua, sogna di diventare una grande attrice, di lasciare una casa dove sta male e il grande amore, ma come il gabbiano ucciso da Konstantin, le vengono spezzate le ali da un uomo egoista e crudele. Nina si sente usata, ingannata. Eppure conserva nel suo cuore la volontà di realizzare il sogno.
Ora, Kostja, so e comprendo che nella nostra opera - di scrittore e attore - ciò che conta non è la gloria, non il lustro, non quello che io sognavo, ma il saper soffrire. Saper portare la propria croce e aver fede. Io ho fede, non soffro più tanto e, quando penso alla mia missione nella vita, la vita non mi fa più paura.
Tuttavia è Konstantin quello che più mi ha colpita. Alla perenne ricerca di amore e di forme teatrali nuove. Konstantin ama Nina ma da lei non è veramente ricambiato. Cerca sempre l'amore di sua madre che però non riesce mai a comprenderlo e pensa solo a se stessa, al suo essere una sorta di grande diva del teatro, alla sua carriera e al bisogno di sentirsi sempre giovane e al centro dell'attenzione.
Quest'egoismo, questa mancanza di amore, la perdita delle illusioni e un profondo senso di solitudine porteranno Konstantin a compiere un ultimo gesto disperato.
Sono solo, nessun affetto mi riscalda, ho freddo come fossi già sotto terra e tutto quello che esce dalla mia penna è arido, duro, cupo.
Voi avete trovato la vostra via e sapete dove andare; io invece continuo a vagabondare in un caos di sogni e di immagini senza sapere perché e a chi tutto ciò sia necessario. Io non ho fede e non so in che consista la mia missione.
Le Tre Sorelle, invece, pone in luce la storia di tre donne il cui sogno è di lasciare la monotona e triste vita di provincia per andare a vivere a Mosca, dove iniziare una nuova vita, più soddisfacente. Tre sorelle che passano il loro tempo tra conversazioni prive di senso o anche aperte a temi dell'esistenza, mettendo in luce anche matrimoni senza amore, e vani trasporti amorosi. Tutte coltivano il desiderio di allontanarsi da quel luogo, ma in verità la loro vita trascorre nell'angoscia di non aver costruito nulla, di non aver ottenuto nulla e i sogni illusori che svaniscono ben presto. Mosca rimarrà lontana. Le loro vite torneranno ad essere quelle che sono sempre state.
Anche qui i personaggi sono molti, e si ripercorrono i medesimi temi. Tutto è pervaso da una sorta di tristezza, di volontà di realizzare i propri desideri, ma rimanendo però basato sulle parole e non su fatti concreti.
Noi non possediamo mai la felicità, la desideriamo solamente.
L'ultima opera è "Il Giardino dei Ciliegi" in cui ho provato ugualmente un senso di profonda tristezza. L'idea di dover abbandonare un luogo amato, il luogo dove si è trascorsa la propria infanzia e quasi tutta la propria vita è triste, così come la difficoltà nell'accettare che il delizioso giardino venga abbattutto. Anche qui, però, i personaggi non fanno nulla. Parlano, parlano, ma alla fine non riescono a conservare l'amata tenuta. L'opera narra, infatti, le vicende di un'aristocratica russa e della sua famiglia al ritorno nella loro proprietà (che comprende anche un grande giardino dei ciliegi), in seguito messa all'asta per riuscire a pagare l'ipoteca.
In questo caso ho letto che i temi sono molto più profondi, ma ripeto che è mio interesse non spiegare l'opera in sé, ma ciò che mi hanno provocato dentro.
C'è anche la solitudine finale del vecchio Servo, che viene lasciato solo, abbandonato al suo destino. Dimenticandosi di lui.
In generale mi sembrano opere davvero legate dagli stessi temi, e che non sono poi così lontani dalla nostra realtà. Molti di noi, infatti, vivono in situazioni in cui l'amore non è ricambiato; spesso non ci sentiamo compresi persino dai nostri genitori, che dovrebbero amarci e sostenerci, anziché pensare egoisticamente solo a se stessi. Ma ci sono anche altri temi. Tra tutti questo scorrere del tempo e l'incapacità di agire per cambiare le proprie vite. Tema che purtroppo mi tocca profondamente. Spesso mi sono ritrovata in questi personaggi, un po' nell'uno, un po' nell'altro. Questa voglia di andar via, ma allo stesso tempo l'incapacità di porre in atto i pensieri. Questa voglia di lasciare una piccola città di provincia e mutare una vita troppo monotona e grigia, ma la paura di affrontare quello che potrebbe essere l'ignoto.
Questa angoscia nel vivere una vita senza aver costruito veramente tutto, mentre il tempo scorre inesorabile, lasciandoti come un vuoto dentro.
Ecco, forse non è un tema adatto per iniziare al meglio questo mio ritorno sul blog, ma queste sono le sensazioni che Cechov mi ha lasciato e che volevo condividere anche qui.
In generale questa raccolta mi è molto piaciuta. L'ho trovata in biblioteca, ma potreste cercare anche i singoli volumi separati. Io vi consiglio di leggerli e di provare a pensare alle sensazioni che vi lascia, più che a tentare di studiare quello che veramente voglia dire l'autore. Anche perché questo mi sembra più una voglia di far i sapientoni che di lasciarsi andare al semplice amore per la lettura. Ovviamente, poi sarebbe bello anche cercare maggiori informazioni per tentare di capire i motivi che hanno portato l'autore a scrivere di questi personaggi e i veri messaggi che vuole donare.
Direi che ho già detto abbastanza, e vi lascio un'immagine e il trailer di Un Gabbiano, di cui vi parlavo all'inizio. Attualmente non si può trovare a teatro, ma spero tanto che lo ripropongano, magari anche più vicino a me, perché ho tutta l'intenzione di vederlo!