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La Generazione Rubata

18/4/2013

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Ieri ho visto un film che mi ha riportato alla mente un tratto tragico della storia australiana che avevo avuto modo di conoscere pochi mesi fa, e che mi ha molto turbata.
Il film in questione è Australia, mentre l'evento tragico che colpisce duramente il cuore è quello dei bambini meticci aborigeni strappati crudelmente alle loro madri dagli "uomini bianchi", e a cui pian piano veniva tolta la propria identità.
Non è questo paragonabile a un genocidio? Non fa anche questo parte della crudeltà umana? Io credo proprio di sì, anzi ne sono fermamente convinta. Nessun uomo può ergersi al di sopra degli altri e minare le fondamenta di una comunità con le proprie idee, religioni, credi, riti. E l'uomo bianco si è comportato con gli indigeni nel corso della nostra storia in maniera spregievole.
Sono sincera nel dire che non sapevo di tutto ciò. L'ho scoperto per caso, guardando un altro film, con due bambine meravigliose come protagoniste, una storia vera che fa cedere facilmente alle lacrime e stringe il cuore: e il titolo è proprio quello citato all'inizio di questo post, La generazione rubata. Ve li propongo entrambi, e sono pronta a lasciare le mie riflessioni.
Vi consiglio sin da ora di vederli se non lo avete già fatto.


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La generazione rubata (Rabbit-Proof Fence) è un film di Phillip Noyce del 2002.

Il soggetto è tratto dal libro Barriera per conigli (Follow the Rabbit-Proof Fence) di Doris Pilkington, che affronta il tema dei bambini aborigeni australiani forzatamente allontanati dalle loro famiglie, la cosiddetta generazione rubata. Si tratta di bambini mezzo-sangue nati dall' incrocio tra inglesi e nativi.


Trama:
Nell'Australia degli anni Trenta, per volontà del governo, i bambini di sangue misto sono sottratti con la forza alle famiglie aborigene per essere deportati in appositi centri di rieducazione come quello di Moore River. Ed è qui che giungono tre ragazzine - due sorelle, Molly, e Daisy, e la loro cuginetta Gracie -, dopo essere state prelevate dall'insediamento nativo di Jigalong. Ma la più grandicella, Molly, convince quasi subito le altre due a fuggire per cercare di far ritorno al loro villaggio. Il film è la cronaca di questa straordinaria fuga a piedi nudi, di oltre 1.500 miglia, attraverso sterminate pianure e deserti: un'autentica odissea durata nove settimane e affrontata dalle tre bambine con incredibile coraggio e risolutezza, avendo come unico riferimento la lunghissima rete di protezione che anni prima i colonizzatori bianchi avevano costruito per difendere i pascoli e i terreni coltivati dai conigli selvatici (lo "steccato a prova di coniglio" del titolo originale della pellicola si riferisce appunto a questa barriera che corre da un capo all'altro del continente australiano). Nonostante i vari tentativi delle autorità governative di riacciuffare le piccole fuggitive (il signor Neville, responsabile del programma di tutela dei mezzosangue, sguinzaglierà sulle loro tracce un'abilissima guida indigena, Moodoo), solo Gracie sarà ripresa. Molly e Daisy riusciranno a ritornare a casa. In seguito, Molly sposerà un aborigeno da cui avrà due figlie. Una di queste, Doris Pilkington Garimara, è l'autrice del libro da cui il film è tratto.



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Molly, Daisy, Gracie sono tre bambine molto piccole che vengono strappate dalle braccia delle loro mamme, a causa di una politica del Governo, secondo la quale questi bambini meticci dovevano diventare totalmente bianchi, negando loro la propria origine, la propria identità. Venne detto loro di essere orfani e c'era la malsana idea che le madri non avrebbero sofferto per questa sottrazione, anzi, avrebbero di certo dimenticato in fretta. Ma ragioniamo: come può una madre essere contenta di vedersi sottrarre un figlio? Sangue del proprio sangue, carne della propria carne, portato in grembo per 9 mesi... A meno che non si hanno problemi mentali gravi o si è privi di cuore, è impossibile essere felici. Sono i propri figli. Allontanati per un malsano motivo. Per un tentativo crudele di far emergere la razza bianca, come se fosse superiore.
Questa atroce politica iniziò nei primi anni del 900 e continuò anche fino al 1970 - e in certi casi anche oltre - e oltre 100.000 bambini aborigeni vennero strappati con la forza o sotto coercizione alle proprie famiglie dalla polizia o da assistenti.
Molti di loro non avevano neanche 5 anni...
Venivano prelevati senza alcun preavviso, e rieducati all'occidentale, proibendo loro di esercitare ogni forma di spiritualità o attaccamento alle proprie tradizioni culturali. Dovevano diventare occidentali, cristiani, dei veri e propri bianchi.
Ma la loro situazione spesso era ancora più tragica. Molti di loro, infatti, subirono abusi sessuali e fisici, e le condizioni di vita non erano buone. Il loro futuro? Lavorare come domestici o in fattorie, non ricevendo un'adeguata istruzione.

Insomma potete capire come l'opera di un governo privo di cuore, ha portato alla distruzione di una comunità che esisteva da molto più tempo del loro arrivo.
E a farne le spese furono sopranattutto questi bambini innocenti.

Io credo che sia una cosa così meschina che neanche le scuse che ottennero anni dopo possono rimarginare una tale ferita. Gli indigeni hanno il diritto di esercitare le proprie tradizioni, i propri culti, le proprie religioni. Anzi, io le trovo anche interessanti da conoscere.
L'uomo dovrebbe imparare a accrescere la sua cultura, cercando di conoscere quella di altri popoli, anziché arrogarsi il diritto - assurdo - di essere superiore e uccidere i pensieri di un altro.

Passiamo all'altro film.



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Australia è un film del 2008 diretto da Baz Luhrmann, con protagonisti Nicole Kidman e Hugh Jackman.

Trama:
Il film racconta la storia di Lady Sarah Ashley, aristocratica inglese che eredita un enorme ranch in Australia, ma quando un proprietario terriero senza scrupoli cerca di portarle via la proprietà, la donna intraprende un difficile viaggio attraverso quello sterminato paese assieme ad un rude mandriano di nome Drover (in inglese drover significa per l'appunto mandriano), vivendo esperienze traumatiche come il bombardamento da parte dei giapponesi a Darwin, durante la seconda guerra mondiale.


Anche qui, oltre a vari temi, come l'amore, la guerra, e altro ancora, torna il tema della Generazione Rubata, riflessa nel piccolo Nullah, un bambino meticcio con il nonno "stregone", che rischia di finire la sua vita come tutti gli altri: portato in centri di "rieducazione" e allontanato dalla sua cultura, che invece sarebbe da conoscere ed amare. Gli aborigeni cantano e il mondo si apre.
Nullah mi è entrato nel cuore. Così piccolo è costretto ad attraversare tanti momenti terribili: perderà sua madre, e anche un amico, e rischierà anche di perdere il suo mondo e la sua nuova famiglia, creata da due bianchi dal cuore amabile e generoso. Ma, per fortuna, c'è un delizioso lieto fine, dopo tanta sofferenza.
Alla fine del film avevo gli occhi lucidi. Ho provato una moltitudine di emozioni, così intense, che erano difficili da gestire.
Avevo rabbia, commozione, amore, odio, tenerezza. Avevo una gran voglia di stringere quel piccino tra le mie braccia e donargli tutto l'amore possibile.





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non è adorabile?
E' un film intenso, da vedere. Inoltre ho appreso qualcosa di nuovo. Non sapevo che i giapponesi fossero arrivati con le loro bombe anche in Australia. Altra piccola pecca di ignoranza che non è bello avere.
Vi consiglio davvero di vederlo. Ottimi attori (cavoli, mi sto innamorando davvero di Jackman!) e anche un "Faramir" - David Wenham - davvero crudele (mamma mia, avrei voluto strozzarlo!).

Insomma, oggi ho affrontato un argomento davvero tragico, ma è importante conoscere e non dimenticare. Dentro di me, anche se flebile, c'è la speranza che un giorno questo mondo sia migliore... che il cuore degli uomini si trasformi, s'inondi di luce, e si pensi unicamente alla pace e all'amore. Speranza vana, sicuramente, ma senza la quale non riuscirei davvero a vivere.

A presto!
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