Finalmente torno ad aggiornare di nuovo il blog, e... con un altro appuntamento con il té letterario a cui ho avuto modo di partecipare una settimana fa nella biblioteca della mia città! È stato un incontro magico che mi ha permesso di conoscere un poco di più un'autrice che - ammetto con vergogna - ho iniziato a conoscere solo quest'anno: Virginia Woolf.
A questo secondo appuntamento c'era davvero molta gente, ma... di conseguenza anche rumori, e purtroppo non sono riuscita a registrare un audio ottimo. Vi avviso di già che potrebbero esserci dei punti in sospeso laddove non comprendo le parole! (Da un lato è bellissimo vedere questi incontri letterari così pieni, dall'altro gente che parla e che non spegne quei dannati cellulari sarebbero da prendere a schiaffi! Perdonate l'acidità, ma io ritengo che bisogna fare silenzio in questi momenti! Tanto più che non ci sono microfoni, e occorre ascoltare con la più completa attenzione. Vi giuro che volevo girarmi e sbraitare contro chi faceva rumore. Ma, detto ciò torno tranquilla e mi dedico al post).
Prima di lasciarvi i brani e le parole di e su Virginia Woolf vi avverto che nei prossimi giorni non ci sarò! Ma come potete vedere sulla barra laterale del blog ci sono tutti i successivi post che prima o poi realizzerò, per tenervi sempre aggiornati! Quindi, restate con me!
Vi avviso, sarà molto lungo. Inoltre ci sono vari bravi provenienti da diversi lavori della Woolf e non solo! E ovviamente la spiegazione del professore. Voglio ringraziare lui e le due attrici che hanno impersonato la figura di quest'autrice. Sono stati semplicemente meravigliosi!
Buona lettura e... al prossimo speciale su Hemingway!
Si affretta, via di casa, indosso ha un cappotto troppo pesante per il clima. È il 1941. È scoppiata una nuova guerra. Ha lasciato un biglietto per Leonard, e un altro per Vanessa. Cammina con determinazione verso il fiume, sicura di quello che farà, ma anche in questo momento è quasi distratta dalla vista delle colline, della chiesa e di un gregge sparso di pecore, incandescente, tinto di una debole traccia di zolfo, che pascola sotto un cielo che si fa più scuro. Lei si ferma, osserva le pecore e il cielo, poi riprende a camminare. Le voci mormorano alle sue spalle; […]
Supera uno dei lavoranti della fattoria [...] Mentre lo supera diretta al fiume, pensa a quanto lui sia appagato, a quanto sia fortunato, a pulire il fosso in un vincheto. Lei invece ha fallito. Non è una scrittrice, non veramente: è solo una stravagante dotata. Squarci di cielo brillano nelle pozzanghere lasciate dalla pioggia della notte precedente. Le sue scarpe affondano leggermente nella terra soffice. Ha fallito, e ora le voci sono ritornate, mormorano indistinte proprio dietro il suo campo visivo, dietro di lei, […]
Raggiunge l'argine, lo scavalca e continua giù, di nuovo verso il fiume. [...] Comincia a cercare una pietra. Lo fa in fretta, ma con metodo, come se stesse seguendo una ricetta a cui bisogna obbedire scrupolosamente per poi raggiungere un buon risultato. Ne sceglie una approssimativamente del peso e della forma della testa di un maiale. […] Rimane vicino alla sponda del fiume, che si spinge contro l'argine, riempiendo le piccole irregolarità del fango di acqua chiara, [...] L'acqua è fredda, ma non tanto da essere insopportabile. Si ferma, ormai nell'acqua fino alle ginocchia. Pensa a Leonard. Pensa alle sue mani e alla sua barba, alle linee profonde intorno alla sua bocca. [...]
Immagina di voltarsi indietro, di tirare fuori la pietra dalla tasca, di tornare a casa. Potrebbe forse rientrare in tempo per distruggere i biglietti. Potrebbe continuare a vivere; potrebbe compiere questo atto finale di gentilezza. Immersa fino alle ginocchia nell'acqua che si muove, decide di no. [...] Si muove a stento, goffamente (il fondo è fangoso), fino a che l'acqua le arriva ai fianchi. [...] Quasi involontariamente (a lei sembra che sia involontariamente) fa un passo avanti o inciampa, e la pietra la spinge giù. Per un momento, ancora, sembra niente, sembra un altro fallimento: solo acqua gelata da cui può facilmente uscire; ma poi la corrente la avvolge e la trascina con una forza così muscolare, così improvvisa che sembra che un uomo forte si sia sollevato dal fondo, le abbia afferrato le gambe e se le sia strette al petto. Sembra un contatto personale.
Più di un'ora dopo, suo marito ritorna dal giardino. "La signora è uscita," dice la cameriera, battendo un cuscino logoro. "Ha detto che sarebbe ritornata presto." Leonard sale in salotto. Trova una busta blu, indirizzata a lui, sul tavolo. Dentro c'è una lettera.
La Lettera di Virginia.
[Da, Le ore, di Michael Cunnigham]
Ci sono posti dentro l'anima umana in cui sarebbe sempre consigliabile non andare. Fossero strade, fossero dei luoghi fisici, ci sarebbero dei cartelli ad avvertirci: pericolo imminente! Eppure, è come se prendendo una pericolissima strada di montagna noi fossimo attratti spesso verso questi luoghi così terribili che portiamo dentro di noi e che forse è meglio lasciare chiusi a chiave e non spalancare.
Virginia Woolf è la scrittrice che, con un coraggio e una maestria letteraria senza pari, si è spinta arditamente proprio in questi meandri dell'animo umano, nei quali pericolosissimo è andare ma meraviglioso è passare. Lei ha visto quanto rimane precluso al soggetto cosciente essendo fatto di dolore, mistero, meraviglia. Attraverso la sua scrittura è capace di renderci il tratto lancinante e commovente dello stare al mondo. Tutti noi spesso abbiamo la sensazione che la vita ci sfugga proprio nella sua bellezza, che siamo al mondo ma non riusciamo ad afferrarla, a sentirla fino alla fine questa bellezza di cui è fatta la vita. Ecco, Virginia Woolf riesce a descrivere e scrivere proprio questa nostalgia, questa strana sensazione di essere al mondo come se non ci fossimo, come se la vita non fosse altro che un deja-vù. E allora tutti i rapporti che rendono tale la vita, i rapporti umani, gli amori, gli affetti, il fatto che noi siamo legati l'uno all'altro per misteriosi motivi, tutto questo rischia di diventare irreale, a meno che non si diano un senso alle cose. È questa la grande esplorazione che Virginia Woolf tenta con la sua prosa.
Per anni questa donna ha tentato di scrivere, afflitta da due cose: uno straordinario talento letterario e delle crisi psichiche fortissime. Insieme ai suoi frutti letterari, sin da quando è molto giovane, Virginia Woolf tiene un diario, le cui pagine scorreranno dal 1915 fino all'anno della sua morte il '41. In questo diario lei scrive di sé. Sono pagine interessantissime. Virginia ci racconta la sua giornata, quali libri ha letto, quali sono i suoi progetti letterari, gli amori della sua vita, gli affetti che la legarono a molti uomini e a molte donne nel corso della sua esistenza, eppure Virginia ci sfugge. Perché è come se dovesse dire qualcosa che nei diari non si può dire. E c'è questa stranissima inversione di ruoli all'interno dell'opera Woolfiana: da un lato i diari che, pure parlando di lei in maniera diretta, non ci raccontano fino in fondo lo spirito, l'essenza della persona. Sarà nei romanzi, nelle opere, che lei riuscirà veramente, senza parlare di sé, a parlare di se stessa. Quindi i diari ci raccontano sì di Virginia Woolf, ci raccontano la scrittrice, ma se vogliamo comprendere lei dobbiamo filtrare il suo sé da un'altra parte: nelle maschere nelle quali lei si volle ritrarre nel corso della sua scrittura. E i romanzi di Virginia Woolf sono caratterizzati proprio da questo: da una bravura tecnica che forse non ha eguali nella storia della letteratura contemporanea, nella quale riesce a creare una prosa tecnicamente perfetta, logica... questa forza ha a che fare con questo sdoppiamento della personalinalità.
È stata anche una grande critica letteraria.
Per tutta la vita leggerà e scriverà. E quando si troverà a recensire un libro biografico dirà una cosa: la biografia non è veramente arte, non può esserlo. Perché quando parliamo di una persona fisica, parliamo di una cosa destinata a finire. Invece l'arte si fa allorquando il materiale con cui abbiamo a che fare non è un materiale deperibile.
Per raccontare il suo io eterno, il suo sé, non possiamo utilizzare mai l'arte della biografia, perché sarebbe fatto di un materiale deperibile. E allora per raccontarsi, Virginia deve sfuggirsi. Il suo diario ci racconterà della scrittrice, ma la donna, la persona, questa fantastica e intelligentissima, tra le più colte ragazze del suo tempo, la si trova nascosta nei suoi romanzi. Ai quali non arriva subito. Fatica, tantissimo.
Il primo vero romanzo è la storia di una signora, Clarissa Dalloway, che passeggia per Londra, in un giorno di Giugno, un mercoledì del 1922. È in quegli stessi anni in cui Virginia ambienta il suo romanzo che lei trova la sua voce di scrittrice. Ci ha provato a lungo, ora sente che qualcosa è cambiato, perché questo testo, a cui sta lavorando da mesi come scrive nel diario, ora ha qualcosa in più. Ragiona, pensa. Virginia Woolf è una scrittrice logica, molto attenta alle parole, faceva un lavoro sul linguaggio certosino, quasi maniacale, parola per parola. È sposata con un uomo che si chiama Leonard Woolf, da cui prenderà il nome. Un amore strano. Lui più che amarla l'ammira per la sua intelligenza, la sua cultura, la idolatra per quella donna brillante che è. Ma V. W. ha sempre amato un'altra persona, una donna, Vita Sack-ville West. E quindi tra loro c'è più un legame basato sull'affetto, sul rispetto, sulla stima che non su una questione amorosa.
Vivono insieme in campagna, Virginia si sente in trappola, eppure in quei giorni di sofferanza, di vicinanza tra i due, lei comincia a pensare e le viene in mente una frase. Forse il romanzo può partire da qui. Vede una donna che entra in un negozio per comprare qualcosa, dei fiori, sì e capisce che quello è l'incipit giusto per partire.
Io non credo nel paradiso ma a volte ho sognato che arrivando il giorno del giudizio, in cui tutti saranno pronti a ricevere i loro premi, il Signore si girerà verso Pietro e gli dirà (non senza una certa invidia quando ci vedrà entrare con i nostri libri tra le braccia): “Guarda, costoro non hanno bisogno di premi. Non abbiamo nulla per loro. Loro hanno amato leggere”.
L’unico consiglio che una persona può dare a un’altra sulla lettura è di non ricevere consigli, seguire solo il proprio istinto, usare la propria ragione, arrivare alle proprie conclusioni…
Molti chiedono ai libri cosa i libri possono darci.
Non dettare le parole al tuo autore, cerca di diventare lui. Di essere il suo braccio destro, suo complice.
Fino a che punto un libro è influenzato dalla vita, dalle simpatie e dalle antipatie del suo autore?
È un elegante quartiere residenziale di Londra. È il 1923. Virginia si sveglia, sta pensando al suo libro, e questo potrebbe essere un buon modo per iniziare. La protagonista, Clarissa, va a fare una commissione in un giorno di giugno. Ma è l'inizio giusto? Non è troppo ordinario? Le sembra improvvisamente di non essere più a letto, ma in un parco. Si muove per il parco quasi senza camminare. Galleggia attraverso di esso, leggera come una piuma di sola percezione, senza corpo. Il parco le si apre davanti con le sue distese di gigli e di peonie, i suoi sentieri di ghiaia color crema. Virginia si sveglia. È qui. Nella sua stanza da letto. Una luce grigia, del colore dell'acciaio, riempie la stanza e si sparge con una corposità bianca. Ha sognato fiori e forse, un inizio del suo nuovo libro parte da qui. Ora ricomincia a pensare. Cosa significa davvero leggere? È forse la domanda fondamentale, la più estrema che può porsi lo scrittore.
E fino a che punto dobbiamo cedere a queste evidenze o al contrario starne lontani? Ognuno di noi deve essere libero di scegliere come comportarsi. Ma possiamo anche decidere di approcciare il testo non per capire meglio la letteratura o per familiarizzare con personaggi famosi, ma per dare nuova linfa ed esercitare i nostri poteri creativi.
Se si scrive per essere letti è non di meno vero che si legge perché la scrittura sgorghi attraverso di noi?